Il futuro mi interessa

Ogni tanto vorrei riuscire a vedere i giovani con gli occhi degli adulti, per capire cosa, questi ultimi, vedono in noi. A sentirli parlare sembra che le nuove generazioni (diciamo chi ha meno di 30 anni) siano il vero problema che affligge la società. Sia chiaro, non sono solo i ministri, i segretari e i sottosegretari a sparare a zero e a criticare le scelte dei neolaureati: le critiche sono sulla bocca di tutti, dagli anziani che si incontrano al bar, ai manager delle grandi aziende fino agli insegnanti che, non me ne voglia la categoria, sono in prima linea nell’accusare gli alunni di essere causa del degrado culturale e della crisi economica dell’Italia. Chi sta dietro ad una cattedra e accusa i suoi alunni senza sapere che è lui stesso che li può educare e rendere speciali, è come chi, dopo una vita vissuta, vede il futuro buio, ma si dimentica di essere stato il primo ad incamminarsi verso quella direzione.

Chi scrive, è contro le generalizzazioni e i luoghi comuni: ovviamente non tutti gli adulti hanno questa visione, così come (purtroppo) è vero che esiste una categoria di “under 30” che ancora non vuole assumersi le proprie responsabilità. Tutto ciò non è sufficiente, però, per giustificare questo continuo attacco.

I giovani non sono né la causa né la soluzione di questa crisi.

Le nuove generazioni stanno diventando, sempre più spesso, il capro espiatorio delle mancanze del passato di una classe dirigente che, tramite sprechi e politiche poco accorte, ha portato all’attuale situazione. Incolpare chi si è trovato in questa crisi economica di averla causata è un atto di fuga dalle proprie responsabilità che danneggia il Paese più di quanto si creda.

Quante volte abbiamo sentito la frase “allora avanti i giovani” usata come atto deresponsabilizzante? È giusto che il nuovo si faccia avanti, ma è necessario che si formi grazie ad un periodo di apprendistato nel quale un giovane possa essere guidato, da chi ha più esperienza, ad imparare le regole del gioco. Tutto questo non accade nel nostro Paese, dove la parola formazione è sinonimo di squadra di calcio e non di crescita dell’individuo. Pochi adulti sono disposti a lasciare andare avanti i giovani guidandoli e preparandoli al meglio; così, in tanti settori, questi continuano ad occupare posti di responsabilità (a tempo indeterminato) senza pensare a formare giovani a cui “passare il testimone” volentieri e con fiducia.

Basta prenderci in giro, basta ironia! Siamo disposti ad accettare l’idea di non avere più il posto fisso, ma pretendiamo che si faccia qualcosa per evitare questa evenienza, nonostante le “previsioni” sul futuro impastate di pessimismo e di rassegnazione. Se, come giovani, riusciamo a comunicare meglio e più velocemente di tanti adulti litigiosi, anche attraverso gli strumenti di Twitter e Facebook non significa che stiamo perdendo tempo. Anzi… Allora perché non provare a portare la banda larga in tutte le città, a creare stazioni di internet gratuito, perché ci vengono tolte le piazze come luoghi aggreganti, e ci si dimentica di programmare eventi culturali attenti anche agli interessi dei giovani? Perché gli adulti non aiutano le nuove generazioni a crescere in tutte le dimensioni che compongono una personalità equilibrata? Non siamo solo “un dato statistico, economico”, non siamo nemmeno solo numeri inseriti nella “valutazione quadrimestrale”.

Cari adulti, provate a investire sul futuro spiegando a noi giovani le cause dei vostri errori e trovando insieme una via per ricostruire. Rispettateci e dateci una mano perché il nostro compito è arduo: aggiustare un futuro, e un’Italia, che voi avete danneggiato.

Possiamo provarci insieme?

Gabriele Lingiardi, Luigi Boccia, Chiara Fiscone, Angelo Rota, Ilaria Rota, Vittorio Scaperrotta

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.