Chi paga la democrazia?

Mentre si chiacchera di finanziamento ai partiti, Lusi&Belsito siedono ancora in Parlamento e sono quindi ancora titolati a rappresentare noi cittadini e, di conseguenza, ancora assegnatari delle relative cospicue indennità nonostante quel che hanno combinato con i soldi dei cosiddetti rimborsi elettorali.

Mentre nella Lega si tenta un’operazione di marketing inscenando una intempestiva ‘pulizia del pollaio’, ci si chiede perché i vertici di quel partito coinvolti direttamente nella ‘distrazione’ di fondi per scopi personali e di famiglia non ritengano opportuno ritirarsi dalla vita politica e dagli incarichi parlamentari per rispetto dei loro stessi militanti. E la stessa cosa vale anche per gli altri partiti.

Mentre tutto questo è in corso e si abbozzano strade diverse per il sostegno di queste forme di rappresentanza che sono i partiti occorre tenere conto di più ragionamenti per evitare il qualunquismo e le furbizie.

Certamente è da considerare con rispetto il risentimento delle persone che vedono vanificati i loro sforzi di essere cittadini onesti anche a costo di sacrifici, soprattutto in un momento economicamente faticoso. Milioni di Euro gettati quando costa sudore racimolare centinaia di Euro per vivere. Non c’è antipolitica in questo atteggiamento ma soltanto esercizio di un giusto sentimento di indignazione verso questi modi di comportarsi e, soprattutto, per la lentezza ed il bizantinismo nella reazione.

Poi occorre capire come finanziare la democrazia per evitare la scorciatoia di un uomo solo al comando (che non è detto faccia risparmiare). Certamente meno soldi, dati con il riscontro delle spese sostenute, distribuiti a livello locale ma ancora non basta. Bisogna definire tutti insieme che chi è preso con le mani nella marmellata non può stare un giorno in più in Parlamento, Consiglio regionale, provinciale o comunale che sia. È già oltraggioso l’atteggiamento di un Calearo che dice: «In Parlamento non vado ma con lo stipendio mi pago il mutuo». Come possiamo tollerare altro?

Da ultimo dobbiamo trovare i modi per evitare quello che io credo sia l’altro estremo. Nel numero di giovedì scorso “la Repubblica” riportava le spese elettorali ed i principali finanziatori della campagna elettorale per l’elezione del Sindaco di Milano dello scorso anno. Giuliano Pisapia, il vincitore, ha speso 1.700.000 Euro (una bella cifra!) e non è stato registrato nessun contributo di privati superiore ai 50.000 Euro: tanti contributi di piccola entità.

Letizia Moratti, la sconfitta Sindaco uscente, ha speso 12.300.000 Euro.

Già la cifra fa rabbrividire: quante famiglie si potrebbero sostenere con 12 milioni di Euro e quante fermate di una nuova metropolitana?

Ma quel che più dovrebbe far riflettere è che 11.600.000 Euro vengono da una sola persona: il marito petroliere Gianmarco Moratti.

Sia chiaro, ognuno può spendere come vuole i suoi soldi. C’è chi organizza festini con signorine compiacenti e chi compra giocatori per la propria squadra di pallone; figuriamoci se uno non può spenderli per la campagna elettorale della moglie. Ma, visto che c’è più di una persona capace di smuovere ed ‘investire’ in questo modo milioni di Euro può configurarsi un effetto premiante per i più ricchi che mette al palo chi non può permettersi queste spese in una competizione elettorale.

Se è questo quel che ci aspetta forse è meglio che si metta un di più di attenzione in questo passaggio di definizione delle regole e di individuazione degli strumenti di finanziamento. Non vorrei trovarmi in una situazione spiacevole per avere urlato degli slogan contro la politica sprecona mentre i soliti furbi mettevano nel loro sacco il bottino–democrazia.

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