Dove porta la porta

Questo è un appello ai futuri studenti e laureandi in ingegneria e architettura. Un appello al loro buonsenso, perché qualche volta su quello degli adulti c’è poco da far conto.

È stato appena installato l’ascensore sul lato nord della stazione di Treviglio.

Orbene, dove guardano le sue due porte? Come si vede nelle foto, entrambe dallo stesso lato: verso sud e i binari. Così chi arriva dalla città deve fare il giro dell’impianto per chiamare la cabina (sempre che capisca la natura del parallelepipedo di vetro), e chi sale dal sottopasso si trova, all’uscita, sul marciapiede del binario 1 e non di fronte alla piazza. Se poi chi lo usa ha un passeggino o sta su una carrozzina (caso ben difficile, visto che una volta scesi nel sottopasso avrebbe da fare le scale per salire ai binari) deve uscirne o entrarvi in retromarcia, di schiena, a meno di complicate manovre in cabina. Chi invece abbia una bicicletta, scoprirà che la cabina è troppo corta per infilarcela comodamente per il lungo.

Forse l’ingegnere che ha disegnato l’ascensore non ha mai preso un volo Ryanair – ma nemmeno un treno notturno verso nord. Altrimenti avrebbe visto che nelle stazioni europee gli ascensori hanno la porta di accesso su un lato e la porta d’uscita sul lato opposto: così appunto chi sale o scende in carrozzina, in bici o con un passeggino si muove molto più agevolmente e intralcia meno gli altri viaggiatori. Forse però bastava il buonsenso per capire che in una stazione la gente ha bisogno di muoversi in una direzione per volta: dalla piazza ai binari ovvero dai binari alla piazza. Un percorso a U per visitare il marciapiede del binario 1 non viene così naturale, insomma.

Ma forse il progettista è lo stesso che ha fatto mettere due faretti ai lati dell’orologio sulla facciata della stazione. Così, la sera, due graziosi fasci di luce illuminano il muro a destra e a sinistra del quadrante buio.

Speriamo che qualcuno ci pensi quando installeranno gli ascensori del secondo sottopasso (sul lato est delle pensiline). E speriamo, per quest’opera, di non dover aspettare l’esame di stato delle matricole di oggi al Politecnico.

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