Linea dura sulla mensa

È da almeno un anno che la minaccia della esclusione dal servizio mensa dei bambini i cui genitori risultano insolventi circola sui giornali. A partire dalla misura proposta nel novembre dell’anno scorso dall’allora maggioranza in Consiglio comunale. Da lì viene la cifra di 439.000 euro non incassati dal servizio mensa (gli “insoluti” sono a carico del Comune e non della società Gemeaz che gestisce il servizio). Adesso saranno anche diventati di più. È un problema annoso che hanno molti Comuni e per risolvere il quale sono state proposte soluzioni serie e soluzioni immaginifiche, come quelle radicali di molti Enti amministrati dalla Lega, buone solo per finire sui giornali in nome dell’ “adesso vi mettiamo a posto noi”, ma poi del tutto inefficaci.

I bambini non devono pagare per le mancanze dei loro genitori né percepire le differenze sociali in maniera così pesante (chi le spiega ai bimbi della materna?). Gli onesti – i genitori che pagano regolarmente la mensa e in generale i contribuenti trevigliesi (gli insoluti sono a carico del Bilancio comunale) – vanno tutelati. E i “furbetti” vanno stanati. Ma in regime di buon senso.

Diamo per scontato che ogni forma di supporto sociale e di rientro dal debito tramite la rateizzazione sia già stata messa in atto. Ma prima che l’iscrizione al servizio venga negata ai debitori incalliti, è il caso di mettere intorno a un tavolo dirigenze scolastiche e insegnanti, sia perché conoscono nel vivo le situazioni, sia perché le conseguenze del braccio di ferro della Amministrazione poi le dovranno gestire loro. Che non vanno sui giornali ma saranno chiamati per l’ennesima volta a supplire alle deficienze o alle impotenze della pubblica amministrazione, che sia lo Stato o l’Ente locale. E di mezzo, ci sono bambini dai 3 anni in su.

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