Perché l’economia italiana non cresce?

Anche quest’anno RISORSE, associazione culturale per capire meglio l’economia, nata a Treviglio nel febbraio 2016, dopo i riscontri positivi dell’anno scorso, continua nel suo scopo di provare a diffondere cultura economica sul territorio. Dopo aver parlato della questione Euro e del rapporto crescita/sostenibilità, quest’anno vogliamo affrontare più da vicino le questioni italiane, tentando di dare una prima risposta alla domanda: perché l’economia italiana fatica a crescere da circa una ventina d’anni rispetto agli altri Paesi europei?

Nel mese di marzo si terranno quattro conferenze secondo uno schema stringente ed organico. Le prime due conferenze sono di carattere storico, intendono infatti delineare la dinamica dello sviluppo della nostra economia dagli anni Cinquanta ad oggi, mentre nelle ultime due si tenterà di spiegare quanto avvenuto negli ultimi venti anni, connettendo fatti, strutture e teoria economica.

Nella conferenza di giovedì 9 marzo Sergio FERRARI (già vicedirettore del Centro Studi dell’ENEA) delineerà il quadro storico di riferimento, ovvero farà una fotografia delle diverse fasi economiche che l’Italia ha attraversato dal dopoguerra fino ai giorni nostri. Entrerà nel merito dei tassi di crescita, della distribuzione del PIL tra i tre settori economici (agricoltura, industria e servizi), della capacità di forza lavoro, dei livelli occupazionali in rapporto alla  popolazione attiva e dei livelli di disoccupazione. Farà una disamina delle realtà industriali private leader e di quelle a partecipazione statale nei loro percorsi attraverso le diverse fasi politiche/economiche. Parlerà dell’importante fenomeno della piccola impresa e della sua frammentazione sul territorio. Tutto ciò sempre in relazione ai cambiamenti della società civile e alla relativa distribuzione del reddito nazionale.

Giovedì 16 marzo, invece, Roberto ARTONI (già ordinario di Scienza della finanza alla Bocconi di Milano) affronterà uno dei temi più spinosi: il debito pubblico in Italia. Solitamente viene visto come un fattore altamente negativo, soprattutto da quando, nel lontano 1991-92, raggiunse e superò il 100% del PIL. Spesso viene considerato come la causa di tutti i nostri guai. È proprio così? La conferenza offrirà una storia ragionata su come e perché si è formato. Ne individuerà le fasi e metterà in correlazione la dinamica del debito, sia con i tassi d’interesse reali, sia con i livelli di tassazione. Artoni è anche un grande esperto in materia di partecipazioni statali e privatizzazioni. Quale fu il loro ruolo? Da ultimo si porrà il problema della sostenibilità del debito pubblico nella fase della lira e in quella dell’euro.

Venerdì 24 marzo Annamaria SIMONAZZI (professore ordinario di economia politica all’Università La Sapienza di Roma) indagherà sugli insuccessi italiani in tema di produttività. La bassa produttività viene solitamente ricondotta a queste carenze strutturali: nanismo delle imprese, scarsità di settori industriali leader a livello europeo e mondiale, inefficienze nella formazione del personale, deficit nel management, poca ricerca e sviluppo, sfasature tra l’offerta e la domanda di lavoro. Stanno veramente così le cose?

Nell’ultimo incontro di Giovedì 30 marzo Gennaro ZEZZA (professore associato di Economia politica all’Università di Cassino, oltre che ricercatore al Levy Economics Institute del Bard College, USA), si occuperà dei fattori esterni al quadro economico: le dimensioni della spesa pubblica, le privatizzazioni, o meglio, il passaggio da un’economia mista, quale era la nostra dal dopoguerra fino a metà degli anni Ottanta, ad un capitalismo rigorosamente privatizzato. Interessante sarà la disamina sul passaggio da un regime a cambi flessibili o regolabili ad un regime a cambi fissi, o addirittura ad una unione monetaria, lungo tutto il processo di creazione dell’Eurozona. È infatti legittimo chiedersi quanto abbia influito sulla nostra economia la perdita del meccanismo di protezione che una moneta variabile e gestita in proprio dà all’economia reale.

per RISORSE,
Marco Brulli


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