Il Bonzo

La nostra società ha bisogno di relazioni buone e pratiche virtuose. È questo il valore della presenza delle religioni nello spazio pubblico (Card. Angelo Scola)

Vorrei tornare sulla vicenda che ha tenuto banco in città nelle ultime settimane del divieto imposto da Pezzoni all’uso delle palestre per ogni attività che non sia sportiva e ricreativa (= divieto per incontri di tipo religioso). Non certo per sottolineare ancora il senso politico del divieto, che è fin troppo chiaro. È una dei tanti favori di scambio che Pezzoni e il PdL devono fare ora alla Lega sia per ricompensa della decisione di appoggiare Pezzoni stesso a maggio, sia soprattutto dopo lo strappo intervenuto a livello nazionale, che non può e non deve propagarsi a livello locale. Cosa di meglio per tenersi buoni i militanti in camicia verde di una bella delibera che di fatto è contro gli extracomunitari e le loro adunate religiose che spesso hanno usato le palestre per i loro incontri, raccogliendo persone da un po’ tutto il circondario? Semmai la preoccupazione a questo livello è che Pezzoni e la Lega si stanno muovendo esattamente come Berlusconi e Bossi hanno fatto negli ultimi anni: ci hanno bombardato di terrorismo psicologico sugli immigrati e i loro barconi per togliere l’attenzione dal nulla che stavano facendo per il nostro Paese. Hanno fatto del federalismo un fenomeno da baraccone (ricorda l’inaugurazione a Monza dei ministeri del Nord?) mentre il resto dell’Europa e il FMI si preparava a commissariarci. Così Pezzoni a Treviglio: finge di non vedere il disastro che sta combinando la Lega al nostro Ospedale – si parla dei migliori medici in fuga e del numero dei pazienti in crollo verticale – o il baratro in cui stanno buttando la Casa Albergo con l’allegra gestione delle promozioni e degli aumenti di stipendio. La strategia è la stessa: conservarsi il consenso creando paura per “qualcosa” o “qualcuno”. Speriamo solo che non vada a Treviglio come è andata all’Italia: mentre quelli tenevano il Paese in mano con la paura dei barconi, degli immigrati, dei comunisti (ti pareva ….) il resto del mondo cercava alla meglio di fronteggiare una crisi di portata mondiale. E quando ci siamo svegliati, era già troppo tardi. E tutto questo è potuto accadere in questi ultimi 20 anni anche per il silenzio colpevole di chi invece aveva le energie morali e il diritto etico di dire qualcosa. Solo poche voci fuori dal coro a livello di opinione pubblica nazionale, solo pochi spiriti liberi a raccontare a 60 milioni di Italiani, il nulla di senso e di politica in cui si stava sprofondando. “E sempre allegri bisogna stare, che il nostro piangere fa male al re, fa male al ricco e al cardinale, diventan tristi se noi piangiam!

Ed è proprio questo silenzio delle energie morali l’aspetto che più preoccupa in questa triste vicenda del piccolo celodurismo locale. Intendiamoci: dal punto di vista giuridico, la delibera è assolutamente legittima. Il punto è che tra ciò che è “legittimo” e ciò che è “giusto” c’è spesso una distanza significativa. E la politica è chiamata a cercare di interpretare questa spazio e riempirlo con decisione e saggezza. E quando la politica si piega, come in questo caso, ai piccoli interessi tattici, sta alla voci autorevoli e agli uomini pensanti segnalare come questa distanza vada colmata. Colmarla con “segni”, con decisioni e prese di posizione che certo, essendo oltre il semplicemente “legittimo”, hanno spesso in sé sicuramente un aspetto di rottura con lo status quo e con il comune sentire, ma anche hanno una dimensione profetica di “indicare la strada”. Ci sarebbe piaciuto che le altre religioni presenti a Treviglio, in primis quella cattolica con i suoi rappresentanti istituzionali, avessero sommessamente detto qualcosa su questa brutta pagina, che macchia la tradizione di accoglienza e tolleranza della nostra città. Una comunità ecclesiale che avesse fatto notare alla politica che una città accogliente e capace di trovare modi e spazi di far convivere anche altre religioni e altri credenti non è una città disordinata ma una città che guarda all’inevitabile futuro, non con timore, ma per plasmarlo al meglio. Una comunità ecclesiale che avrebbe fatto un servizio alla città e mostrato di avere una capacità di parola di cui oggi c’è più che mai bisogno. Vi sono in città alcune esperienze di convivenza multiculturale di grande interesse e spessore (si pensi a Diversa…mente, alla iniziativa di donne straniere Merabà, ma non solo …). Perché non pensare ad una cattolicità che, nella sua dimensione istituzionale, anche favorisce e promuove un dialogo tra le religioni presenti in città come momento di comprensione e condivisione? È un dovere della ecclesia locale fare ciò? No, se si sta alla teologia dogmatica e alla orto–prassi. Sì, assolutamente, se si vuol svolgere un discernimento dei tempi e svolgere una funzione profetica nella comunità degli uomini. Perché non immaginare in un futuro prossimo un momento interreligioso in città, magari ospitato in una delle chiese rappresentative della nostra storia? Perché non fare in modo che periodicamente le autorità religiose delle varie religioni che qui vivono si incontrino a parlare della pacifica convivenza e di reciproco aiuto? Certo non è facile né scontato. Ma mica possiamo farci guidare in questa sfida che tocca il nostro futuro da tristi delibere su cosa si può fare e cosa non si può fare nelle palestre della nostra città.

Perché alla fine, come ci ha molte volta spiegato un illustre gesuita che è stato per molti anni nostro Cardinale, la vera distinzione non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti.

E il titolo? È una famosa canzone di Enzo Jannacci e penso ben fotografi il silenzio di chi oggi pensa di aver solo diritti, senza pensare che in un domani non molto lontano potrebbe trovarsi a dover chiedere per sé stesso quei diritti che ora non difende per gli altri.

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