Ma sono vivo e non ho più paura

Eh sì, finalmente Berlusconi si è dimesso. La notizia circola veloce. Tempo di chiamare gli amici per festeggiare l’arrivo di Mario Monti e rispolverare quel vecchio CD intitolato “Disco samba”, che la festa si interrompe e una voce di corridoio diventa realtà: Silvio ha dichiarato che non lascia… ma raddoppia.

Non ce la fa proprio quell’uomo a godersi la pensione, gli piace troppo specchiarsi in TV e abbronzarsi sotto i riflettori, ma va bene così: non dovevamo sconfiggere Berlusconi; il nostro obiettivo era debellare la “malattia” da lui portata e diffusa nella politica italiana, e nel Paese, chiamata “berlusconismo”.

Vi faccio un esempio, prendendo spunto da affermazioni che giungono spesso alle orecchie, per capire meglio cosa intendo:

“Quello lì è un raccomandato! Avrà il posto assicurato”. “Tu non lo sei, quindi scordati di avere successo!”

“I politici? Tutti ladri, meglio starne lontani…”.

Ecco, capito cosa voglio dire? Il momento in cui il nostro (ormai ex) premier ha deciso che, chi non era dalla sua parte, era per forza un malvagio cospiratore e, se di sinistra, un “comunista mangia bambini”, “un po’ coglione”, è stato l’inizio della recessione economica, ma soprattutto culturale.

Il berlusconismo è proprio questo modo di pensare e di agire per il quale tende a esaltare l’io del singolo, elevandolo al di sopra degli altri. In questo modo pare lecito salvare i propri interessi, invece di cercare il bene comune, contrapponendosi a chiunque non sia d’accordo con noi; per dirla in termini semplici siamo a metà tra il bulletto di periferia, il ventenne pieno di autostima e il cospirazionista per cui “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio”.

Tutti i politici, in questi ultimi anni, chi più chi meno, si sono conformati e adattati a questo fenomeno. Tutti hanno portato avanti una politica del sospetto. Distruttiva e non costruttiva.

Anche noi cittadini, seppur incoscienti, siamo contagiati.

Siamo affetti da “berlusconismo” quando pensiamo di potere risolvere un problema grave con una barzelletta, magari un po’ volgare, così come quando pensiamo che “meglio appassionato di belle donne che gay”, oppure quando giustifichiamo il non pagare le tasse come un atto di furbizia, o quando crediamo che spendere tempo per il bene pubblico sia da sciocchi, ma soprattutto quando smettiamo di pretendere serietà da chi ci governa.

Ed è proprio nel momento in cui abbiamo considerato l’altro come un avversario, e non come interlocutore, che abbiamo smesso di crescere e non siamo più riusciti a scrivere leggi serie. Una nazione si fonda sul dialogo tra più menti, sul confronto di idee, per arrivare alla soluzione migliore… al bene comune (quanta nostalgia in questo termine).

Il cospirazionismo, il sospetto, il “tutti contro tutti” sono atteggiamenti, affermatisi grazie al berlusconismo, non contemplabili in un Paese che pretende di guidare il mondo. Come pretendiamo la fiducia dei mercati se noi non l’abbiamo nel nostro vicino?

Forse questa crisi è riuscita a debellare, almeno in parte, questo tipo di malattia sociale, costringendoci a collaborare e a fare un passo indietro (recuperando alcuni vecchi valori) per riuscire a farne due in avanti.

Forse abbiamo capito che formare una società unita, viva e interattiva è meglio che avere una società benestante ma statica, vecchia e immobile.

Forse è presto per dirlo.

Forse mi sto solo illudendo, ma ora, con Monti che si inchina per rispetto davanti ai suoi colleghi, che si circonda di gente competente, che usa parole come “servizio”, “dialogo”, “rispetto”, “cultura”, non posso fare altro che emozionarmi.

Il “berlusconismo” è finito.

E per la prima volta ho speranza per questo nostro Paese.

3 thoughts on “Ma sono vivo e non ho più paura”

  1. Ottimo articolo che condivido in pieno, per quanto riguarda il berlusconismo e i suoi deleteri effetti, che purtroppo sopravvivono intatti nella maggior parte dei suoi fan, chiamarli elettori sarebbe riduttivo, senza con questo voler offendere nessuno. Monti, con la sua educazione e i suoi modi pacati, può calmare gli animi e svelenire il clima che Berlusconi col suo “o con me o contro di me” aveva agitato a dismisura sia con che contro di sè. Detto questo, devo però constatare che la politica di Monti, al di la delle belle parole non si dissocia più di tanto da quella del suo predecessore, anzi prosegue sulla stessa linea e colpisce sempre i soliti noti. Per fare un esempio pratico, il fatto l’arroganza di Sacconi sia stata sostituita con la timidezza della signora Fornero, non sta a significare che la linea politica sia cambiata, anzi i fatti dicono che c’è una pericolosa continuità.

    1. Mi permetto di rispondere a Maxwi, pur senza che io lo conosca (scusa per l’intromissione, ma sono “appassionato” di pensioni):
      vede, quando un Paese spende ogni anno il 15% del pil per la previdenza e quando il sistema, nel suo status quo, prevede che entro il 2040 le pensioni erogate non raggiungeranno il 50% delle ultime retribuzioni, vuol dire che bisogna intervenire sulle pensioni. Se in casa mia ci fossero problemi finanziari, non penserei a contenere la spesa per, che ne so, la carta igienica. Penserei a quella che ha un forte impatto sul bilancio della mia famiglia, con l’attenzione a non tagliare lo stretto necessario.
      Nemmeno io credo che la riforma sia totalmente corretta (e le ultime modifiche ne sono la riprova), ma bisogna scegliere tra non far nulla e rimanere sul treno lanciato verso il burrone, oppure cercare di correggere ciò che non è più accettabile… per esempio correre verso il vuoto, quando si può provare a rallentare per poi fermarsi, o far ripartire uno scambio per uscire dal binario morto.
      Ripeto, ci sono ancora delle cose che andrebbero sistemate, nelle pensioni così come in altri centri di spesa e sono fiducioso che, in tempi ragionevoli, andranno toccati anche quelle altre fonti di costo.
      Ricordiamoci, però, che da qualche parte bisogna pur cominciare a invertire la rotta.

  2. personalmente non sono così negativo rispetto alla manovra, concordo nel dire che forse sull’equità si poteva lavorare di più ma era necessario rispondere ai mercati tempestivamente (una riforma in 17 giorni è un record che neanche bolt…).
    è dura, si sa, ma non possiamo pretendere di superare questo periodo senza pesanti sacrifici. io sinceramente vedo un abisso rispetto al governo precedente (no leggi ad personam, volontà di scendere a compromessi con le parti sociali ma allo stesso tempo risolutezza nel perseguire le proprie scelte,velocità operativa, ministri competenti…)
    per questo, pur avendo scritto l’articolo prima della riforma, resto convinto che ciò che si è fatto sia giusto ed efficace.
    ps non mi è chiaro in che modo le lacrime della Fornero (era stanca e stressata poveretta) siano la prova di una politica filoberlusconiana.

    gabriele

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