Mercoledì 8 marzo in tutto il mondo si manifesta contro la violenza sulle donne

A Bergamo una passeggiata notturna attraversa la città Ritrovo ore 18, piazzale Malpensata

L’8 marzo 2017, cent’anni dopo l’evento che ha dato origine alle Giornata Internazionale della Donna, scendiamo in piazza a Bergamo per sconfiggere la violenza contro le donne e per trasformare radicalmente la società. Insieme con milioni di donne sparse in 30 Paesi del mondo ci prendiamo lo spazio pubblico, manifestiamo, protestiamo nelle scuole e nei luoghi di lavoro.

NON UNA DI MENO! CI VOGLIAMO VIVE!

L’AUTONOMIA È LA RISPOSTA ALLA VIOLENZA I centri antiviolenza sono e devono rimanere spazi autonomi, perché solo così possono continuare ad essere luoghi in cui si attivano processi di trasformazione culturale reale, capaci di modificare le dinamiche strutturali da cui nascono la violenza maschile sulla donna e la violenza di genere. Vogliamo che il centro antiviolenza di Bergamo e gli sportelli presenti in provincia siano pienamente riconosciuti e sostenuti dalle istituzioni locali e regionali e che alle donne che vi si rivolgono sia garantito l’anonimato, condizione necessaria per cominciare un percorso di uscita dalla violenza. Vogliamo l’abolizione del cosiddetto Codice Rosa, che obbliga le donne che si recano al pronto soccorso per maltrattamenti a sporgere denuncia: l’azione penale deve essere una libera scelta, non una costrizione che toglie soggettività, e non può essere vista come l’unica via per liberarsi dalla violenza.

I DIRITTI PER LE DONNE SONO GIUSTIZIA E LIBERTÀ PER TUTTI Vogliamo l’applicazione della Convenzione di Istanbul del Consiglio d’Europa del 2011, “primo strumento internazionale giuridicamente vincolante per proteggere le donne contro ogni forma di violenza”, che condanna violenza psicologica, stalking, violenza fisica, violenza domestica, stupro, matrimoni forzati, mutilazioni genitali, aborti e sterilizzazioni forzate e crimini “d’onore”. Vogliamo la certezza dell’applicazione delle leggi che già esistono per la tutela delle donne che hanno subìto violenza. Chiediamo l’impegno dei responsabili locali delle forze di sicurezza a formare adeguatamente i propri operatori perché supportino e tutelino realmente le donne su cui viene esercitata violenza, liberi da schemi culturali che vedono le donne come soggetto tradizionalmente “predisposto” alla violenza maschile.

CANCELLIAMO I LINGUAGGI SESSISTI E MISOGINI Rovesciamo la rappresentazione dei nostri corpi come oggetti e quella delle donne che subiscono violenza come vittime compiacenti e passive. Diciamo basta all’immaginario mediatico misogino, sessista e razzista che ci discrimina. Agiamo con ogni media e in ogni media per comunicare le nostre parole, i nostri volti, i nostri corpi non stereotipati e ricchi di desideri. Chiediamo agli organi di informazione bergamaschi che si impegnino ad utilizzare parole corrette nel racconto della violenza contro le donne, che non è mai frutto di “troppo amore”: i “delitti passionali” non esistono e neppure i “raptus di follia”, che arrivano dopo mesi e anni di violenza.

EDUCARE ALLE DIFFERENZE PER COMBATTERE LA CULTURA DELLA VIOLENZA Dall’asilo nido all’università è necessario fare formazione per prevenire e contrastare la violenza maschile contro le donne e ogni forma di violenza di genere. La scuola pubblica deve essere il nodo cruciale per il superamento di modelli stereotipati di femminilità e maschilità e lo spazio in cui viene coltivato un sapere critico verso le relazioni di potere tra i generi.

SUI NOSTRI CORPI E LA NOSTRA SALUTE DECIDIAMO NOI Vogliamo consultori aperti a esigenze e desideri di donne e soggettività LGBTQI, indipendentemente da condizioni fisiche e materiali, età e passaporto, e più formazione su contraccezione e malattie sessualmente trasmissibili. Chiediamo la piena applicazione della legge 194: il ricorso all’aborto deve essere sempre garantito, libero e sicuro in tutte le strutture pubbliche. I medici che non praticano l’obiezione di coscienza devono essere valorizzati e non discriminati come oggi avviene; il ricorso all’obiezione di coscienza da parte del personale sanitario non può più essere uno strumento per fare carriera. Scegliere l’interruzione di gravidanza è un diritto, non una colpa, e come tale va garantito, perché ognuna possa esercitare la sua capacità di autodeterminarsi.

SE LE NOSTRE VITE NON VALGONO CI FERMIAMO Rivendichiamo il “reddito di autodeterminazione”, un salario minimo europeo che ci aiuti a uscire da relazioni violente e dalla precarietà sempre più diffusa. Non accettiamo che la nostra vita sia stritolata tra lavoro esterno e domestico e che le donne migranti svolgano il prezioso lavoro di cura sottopagate e senza tutele. Non siamo più disposte ad accettare salari da fame, vogliamo un welfare costruito intorno alle necessità delle donne: asili nido, scuole d’infanzia, ambulatori pediatrici che ci liberino dall’obbligo di lavorare sempre di più e più intensamente per riprodurre le nostre vite. Per affermare il valore delle nostre vite contro la violenza l’8 marzo ci fermiamo: nei luoghi di lavoro ma anche nel lavoro domestico, di cura e sociale che non ci viene riconosciuto né retribuito.

LIBERE DI MUOVERCI, LIBERE DI RESTARE Sosteniamo la lotta delle e dei migranti contro la violenza delle frontiere, dei Centri di detenzione, delle deportazioni che cancellano i diritti umani. Sosteniamo le lotte delle migranti e di tutte le soggettività LGBTQI contro la gestione e il sistema securitario dell’accoglienza. Vogliamo il permesso di soggiorno incondizionato, svincolato da lavoro, studio e famiglia e l’asilo per le donne migranti che hanno subìto violenza. Chiediamo l’applicazione della legge contro la tratta per la prostituzione, che ogni anno schiavizza migliaia di donne, e che le bambine e i bambini che nascono in Italia abbiano la cittadinanza.

8marzobg.nonunadimeno@gmail.com
casadelledonnetreviglio@gmail.com


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