Scrivo queste poche parole per concentrarmi insieme a voi su una problematica trevigliese, da troppo tempo attuale, che sicuramente non può sfuggire a nessuno. Oramai in questa città da quasi 19 anni, mi rendo conto pienamente della totale assenza di spazi di aggregazione sociale nell’area cittadina e nelle sue zone periferiche, tanto che non sarebbe inopportuno parlare di “un’isola che non c’è “, per l’appunto. Se escludiamo infatti l’ARCI in zona Battaglie, costretto a combattere con le lamentele della popolazione residente nelle immediate vicinanze (poche, per la verità, famiglie) scatenate dalla musica “troppo alta“, è palese che nella zona della nostra città siano praticamente assenti circoli artistici e culturali aperti a tutti, in grado di trasformarsi in punto di riferimento concreto per i giovani e non solo.
Si potrebbe obbiettare affermando con una certa sicurezza, che Treviglio offre ai suoi abitanti occasioni di svago molteplici, riferendosi in particolare alle discoteche della zona industriale: nulla di più falso. Basti infatti considerare che locali di questo tipo hanno prezzi di ingresso non inferiori ai 15-20 euro canonici delle discoteche, costringendo cosi chi è alla ricerca di una serata all’insegna di eventi artistici abbordabili ad un ‘unica, triste alternativa: passare il proprio tempo in un qualche bar (anche questi costretti alla chiusura, sabato compresi, ad orari assurdi), finendo per trascorrere momenti a lungo andare alienanti per tutti coloro impossibilitati a muoversi agevolmente da Treviglio a Crema, Bergamo o Milano (solo per citare alcune città lombarde ben più vive).
Mi riferivo poche righe addietro agli orari di chiusura degli esercizi in città: vi sarà sufficiente fare un piccolo giro per piazza del Popolo e trovare bar chiusi alle 23, mentre intorno le vie vuote non invitano certo a rimanere per un passeggiata che ben poco avrebbe da offrire a chi cerca divertimento.
Eppure Treviglio, città ottimamente collegata a tutto il nord Italia, vero e proprio crocevia nel sistema di comunicazione lombardo, potrebbe facilmente trasformarsi in un polo d’attrazione non solo per i Bergamaschi, ma anche per i vicini abitanti delle province confinanti: viene dunque spontaneo chiedersi come sia possibile una così scarsa iniziativa da parte di privati e Amministrazioni comunali nel puntare concretamente nell’ambito di eventi artistici e manifestazioni di vario genere.
Suppongo sia inutile ricordarvi come il tanto a lungo decantato Centro culturale diventerà ora, col placet dell’Amministrazione comunale, l’ennesimo monumento al consumismo (un supermercato) di cui nessuno dei cittadini, credo fermamente, avvertiva il benché minimo bisogno.
La triste morale della storia diventa dunque subito evidente: se la cultura è un investimento fin troppo pericoloso, se con la cultura “non si mangia”, allora tanto vale far mangiare con i soldi dei Trevigliesi l’ennesima valanga di privati.
È una vicenda questa, nel suo misero sviluppo, tragicamente paradigmatica, che ben fotografa la realtà di un città che sembra aver rinunciato a rilanciarsi in Lombardia, preferendo impallidire di fronte a manifestazioni culturali pubbliche come il festival di Carroponte, a Sesto San Giovanni (che, lo ricordo, va avanti per tutta l’estate) o rinunciando (con i suoi privati) a offrire serate di qualità (ignorando del tutto l’esempio di paesi come Mezzago, con il suo Bloom, punto di riferimento da 25 anni per tutta la Brianza e non solo).
Per ora rimangono solo le promesse della passata campagna elettorale, riportate sul volantino di Gianluca Pignatelli, che qualcuno forse ricorderà: si garantiva, con il nuovo piano urbanistico, la futura realizzazione di “un quartiere del divertimento”, riconoscendo il sostanziale isolamento di Treviglio da questo punto di vista.
Sempre tenendo presente che la speranza è l’ultima morire, attendiamo, noi giovani in primis, fiduciosi di una futura rivoluzione, anche se di certo la trasformazione di un Centro culturale polivalente in centro commerciale non promette bene.
Antonio Margiotta
ottimo articolo, ma ora mi chiedo: dall’altro capo del filo c’è qualcuno disposto ad ascoltare un giovane? pare proprio di no…