Falcone e Borsellino: a vent’anni dalle stragi

Dalle stragi lontane ai legami con l’oggi, con la nostra terra. Informarsi e ricordare. Per comprendere la realtà che ci circonda.

Il 23 maggio 1992 venivano uccisi il giudice Giovanni Falcone, 53 anni, sua moglie Francesca Morvillo, 47 anni, e gli agenti Vito Schifani, 27 anni, Rocco Dicillo, 30 anni e Antonio Mortinaro, 30 anni.

Il  19 luglio 1992 venivano uccisi il giudice Paolo Borsellino, 52 anni, ed i cinque componenti della sua scorta. I loro nomi erano: Emanuela Loi, 25 anni, Walter Eddie Cosina, 31 anni, Vincenzo Li Muli, 22 anni, Claudio Traina, 27 anni e Agostino Catalano, 43 anni.

È importante ricordare con precisione nome e cognome, non in modo anonimo come si fa di solito.

Vent’anni sono passati. In questi giorni viviamo il pesante strascico della famosa trattativa che sarebbe seguita alle stragi di quell’estate mentre in città non si è visto praticamente nulla che aiuti i cittadini a riflettere su quanto accaduto.

L’associazione “iTrevigliesi” per questo ha organizzato una serata, di cui riportiamo un breve resoconto, dedicata a quanto accaduto, ed ai legami con la nostra terra oggi.

Un’ottantina di persone hanno partecipato alla serata dal titolo “A venti anni dalle stragi” dedicata a Falcone e Borsellino, organizzata il 19 giugno scorso. Ha introdotto la serata Vincenzo Rizzo rilevando come, soltanto nelle ultime settimane, siano accaduti tre avvenimenti strettamente legati a quei fatti: la sentenza del Tribunale di Milano che certifica quanto la ‘Ndrangheta milanese sia totalmente autonoma da quella calabrese; l’inchiesta riguardante i depistaggi per la famosa trattativa Stato–mafia avvenuta immediatamente dopo agli attentati di venti anni fa; l’avvenuta eliminazione del 41 bis a un boss riconosciuto come mandante ed esecutore dell’attentato a Falcone.

Eventi che da soli giustificano il continuare a discutere di questi accadimenti al fine di costruire una cultura della trasparenza. Visto la latitanza delle istituzioni: non c’è stata né una mozione, né un ordine del giorno in proposito da parte della nostra amministrazione.

È la cultura che fa vincere

Primo relatore della serata è stato Loris Mazzetti, dirigente di RAI3, scrittore e giornalista.

Ha iniziato con il rilevare la responsabilità del giornalismo per tutto quello che è successo dal ’93 ad oggi.

Le inchieste giornalistiche sono state sostituite dai talk show, le parole sono smentite il giorno dopo, ci siamo occupati troppo della politica, abbiamo smesso di essere il “cane da guardia” della democrazia lasciando soli i magistrati che hanno continuato a cercare la verità. Fino a tirare fuori la trattativa uno dei più grossi scandali degli ultimi anni, perché la trattativa c’è stata, non ci sono dubbi.

Paolo Borsellino non era un obiettivo della mafia. Ha scoperto, dopo la morte di Falcone, su chi quest’ultimo era riuscito ad arrivare. Non c’è nessuno che “sia stato a Roma” e si può dire libero e non responsabile di quanto è successo.

La trattativa nasce perché alcuni politici in quel momento hanno deciso che per salvarsi la pelle non c’era alternativa. Falcone, sempre sconfitto, è stato ucciso quando stava per diventare qualcuno.

Impastato, Rostagno, sono solo alcuni degli oppositori alla mafia da essa eliminati. Tutti impegnati nella denuncia: è la cultura che fa vincere.

Il bandito della porta accanto

Sara Di Antonio, autrice del libro “Mafia, le mani sul Nord” inizia affermando come il problema delle infiltrazioni mafiose al Nord sia stato sottovalutato. È diventata una questione di ordine pubblico, questo fenomeno è passato inosservata a noi cittadini. Il territorio in parte è stato colonizzato. Solo al Nord è possibile riciclare denaro: dove? Negli appalti e più ancora nei subappalti, nei trasporti, nel movimento terra.

Altra settore d’interesse sono le slot machine, i bar ed i videopoker. E il fiume Po, dove di notte si scava abusivamente.

Quarant’anni di criminalità bergamasca

Come sotto una lente che progressivamente ingrandisce l’oggetto dell’osservazione, si è passati dalla situazione nazionale, a quella regionale e poi con Rocco Artifoni, del coordinamento Libera di Bergamo, si è guardato infine a quella della nostra provincia.

Rocco ci comunica una ricerca da lui effettuata su crimini legati alla criminalità organizzata avvenuti negli ultimi quaranta anni in provincia di Bergamo. Un insieme d’informazioni, tutte reperibili su internet, che vanno a riempire quattordici pagine.

Si comincia con il rapimento di Rossi di Montelera, liberato a Treviglio nel 1973; si passa poi ad una raffineria di droga da record, 20 kg di eroina, scoperta sempre in provincia di Bergamo ventidue anni fa, vicino a Rota Imagna.

Nel gennaio del 1992 viene scoperta un’altra raffineria di droga in valle Imagna.

Nel 1994 aRedona, quartiere di Bergamo, viene ucciso un malavitoso; nel 2004 sequestro di pasta di coca a Telgate. Nel 2007 viene ucciso, dalla ‘Ndrangheta per conto della famiglia Escobar, un detenuto in semilibertà e poco tempo dopo un testimone che aveva assistito al fatto: la criminalità organizzata uccide anche qui. Prosegue poi in un minuzioso quanto lungo elenco di reati, condanne, fatti legati alle mafie, tutti avvenuti in terra bergamasca.

La conclusione è molto semplice, dice Vincenzo Rizzo: dagli interventi che abbiamo sentito, abbiamo imparato che dobbiamo leggere i giornali con un occhio diverso, dobbiamo fare un salto di qualità, informarci su tutto.

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