Sul numero di domenica 24 maggio del settimanale Famiglia Cristiana (ed anche l’Eco di Bergamo questa settimana ha dedicato alla notizia un paginone), che — ricordiamo — è uno dei settimanali italiani più venduti, c’è un articolo che parla di Roncobello, val Brembana, provincia di Bergamo.
Racconta come il trasferimento di 45 profughi (su una popolazione di 380 anime), inizialmente molto contestato, stia diventando un esempio di convivenza. Se vi ricordate, ne abbiamo scritto sul nostro sito, erano stati danneggiati i bagni della struttura che avrebbe poi accolto gli immigrati, c’era stato persino un presidio stradale per contrastarne l’arrivo.
Ebbene, l’articolo dice che, per merito degli operatori coinvolti e della cittadinanza, piano piano si è creato un clima di convivenza civile tanto che:
“All’inizio c’era una grande preoccupazione e anche parecchia diffidenza, ma poi la gente ha reagito in modo positivo e ha saputo dimostrarsi generosa… ci sono arrivati abiti e scarpe,.. camice, magliette, abbiamo riempito di scatoloni una stanza intera”.
(Chiara Donadoni, operatrice cooperativa sociale Ruah)
“I ragazzi di Roncobello li hanno accompagnati (i profughi, per i sentieri in zona, ndr) temendo che potessero perdersi. Al ritorno hanno deciso di giocare una partita di calcio tutti insieme e il ghiaccio si è rotto”.
“…inoltre temevamo di perdere la nostra libertà… poi quando la paura rientra viene fuori il nostro lato umano”.
(Andrea Milesi, Sindaco di Roncobello)
E ora corsi d’italiano per facilitare la socializzazione, e un progetto per coinvolgere i rifugiati in attività di volontariato a favore della cittadinanza. Sempre per iniziativa della Caritas d’intesa con il Sindaco. Artefice del progetto monsignor Claudio Visconti, direttore della Caritas di Bergamo. (Famiglia Cristiana n° 21, pag. 27-28-29)
Fa veramente piacere che una storia iniziata con delle grosse difficoltà progredisca per il meglio, sfatando il luogo comune del bergamasco chiuso all’immigrazione. Teniamolo presente in questo momento dove di fronte ad un’emergenza epocale si dà retta più a chi urla piuttosto che a chi lavora: come gli operatori della cooperativa sociale Ruah che gestiscono l’accoglienza a Roncobello e gestiranno la permanenza dei profughi arrivati da poco nella nostra città.
“La Cooperativa Ruah gestisce per conto di Caritas Bergamasca l’accoglienza dei richiedenti asilo in provincia di Bergamo. Quello di Treviglio è un progetto pilota consistente in un piccolo gruppo di 15 persone. La logica è di sperimentare quella che viene definita l’accoglienza diffusa. Poche persone sparse su tutto il territorio della provincia: ad esempio la cooperativa Berakah di Pagazzano sta accogliendo nella sua comunità 4 richiedenti asilo che abbiamo spostato da Lizzola… li seguiamo ancora noi della Ruah”, ci racconta Bruno Goisis, presidente della Cooperativa. E prosegue: “Il problema è che non ci sono realtà che si mettono a disposizione per l’accoglienza, bisogna considerare che in provincia di Bergamo le sole realtà sono la Caritas e la cooperativa Rinnovamento di padre Antonio ad Antegnate. Le amministrazioni non hanno luoghi per accogliere, così dicono tutte, di destra e di sinistra”.
Oltre ai mediatori culturali, nella struttura di Treviglio, saranno presenti una operatrice che ha già lavorato in questo ambito con l’ufficio pastorale migranti della diocesi di Milano e ha già lavorato a Treviglio nel centro di primo ascolto. Ed un secondo operatore, che lavora già in una struttura per l’accoglienza richiedenti asilo a Casazza e ha lavorato anche alla casa della carità di don Colmegna.