Francesco Giussani e la Lega Nord hanno inaugurato in piazza Manara la nuova bacheca fornita dalla Amministrazione comunale (una per partito, si presume) con un manifesto in cui, in attesa di qualcosa di meglio, tacciano di moralismo d’accatto chi come me utilizzerebbe la indignazione a senso unico. Riproduco la lettera che mi ha cortesemente già pubblicato il Giornale di Treviglio, che ha dato notizia della querelle.
Avendo fatto per una vita una professione che ha a che fare con l’instillazione e la trasmissione di idee, so per esperienza che in certi casi, più che la parola, per la penetrazione di un concetto servirebbe il Black & Decker. Tuttavia farò l’ennesimo atto di fede e cercherò di spiegare a Francesco Giussani, capogruppo e dominus assoluto della Lega, perché sono da rimandare al mittente le osservazioni che ha fatto a proposito dei “moralisti” rimasti, colpevolmente per lui, silenziosi sulla mancata laurea dell’attuale ministro Valeria Fedeli e sul curriculum vitae che la dava per certa.
I reprobi moralisti sarebbero la sottoscritta, Ariella Borghi e Francesco Lingiardi, a dimostrazione che il capogruppo leghista ha nostalgia dei nostri anni in Consiglio e di una opposizione di cui evidentemente sente la mancanza.
Eccoci al quid. Equiparare vicenda Pezzoni e vicenda Fedeli è un azzardo. Entrambi hanno dichiarato nel loro curriculum vitae una laurea che non c’era. La dichiarazione mendace di Pezzoni era di sua mano. Per Valeria Fedeli può averlo fatto lo staff, ma non cambia nulla circa la responsabilità, anzi, la fantasiosa uscita che ha definito la questione come “incidente lessicale” è stato il classico tacòn che ha peggiorato il buso, come dicono i veneti.
L’uguaglianza tra le due storie, entrambe non commendevoli, finisce qui.
Poi ci sono le differenze. Pesantissime. Su cui Giussani sorvola.
Pezzoni ha esercitato per anni e anni una professione senza averne titolo, togliendo il posto a qualcun altro che il titolo ce l’aveva. Per far questo ha depositato presso i Salesiani — come si legge nelle cronache locali — un certificato di laurea falso, autenticato presso il Comune di cui era stato Sindaco. I Salesiani — si legge sempre nelle cronache e nei comunicati –— ritenendosi parte lesa, l’hanno denunciato “chiedendo che venga perseguito per i reati di truffa aggravata, falsità materiale e ideologica in atto pubblico e abusivo esercizio della professione”.
Non è dato sapere se la denuncia — ora che son passati la buriana e il pericolo di vedersi piovere addosso ricorsi da parte di genitori — sia rimasta attiva né a che punto sia l’iter, se iter c’è ancora. Queste cose le sanno il querelante (i Salesiani) e il querelato (Pezzoni), noi comuni mortali no.
A Giussani sfuggono queste differenze. E sfugge anche il concetto che se B commette lo stesso errore di A, l’errore continua a essere tale e non si annulla né si giustifica perché l’hanno commesso in due. Questa è la sua morale, non la nostra.
Valeria Fedeli sta già pagando pesantemente e questa storia continuerà ad esserle ricordata da qui all’eternità. Indipendentemente da quanto ha fatto come vicepresidente del Senato o farà nel suo ruolo di ministro.
Ma Pezzoni, a sura, come dicono a Treviglio, ha sul gobbo la contestazione di reati, il che non consente che venga assurto agli altari per vie traverse come sta avvenendo (è già partito il peana per la sua prossima laurea triennale, come se questo cancellasse quel che è successo e che rimane agli atti giudiziari).
Nella chiara consapevolezza che non si possono conoscere gli esiti di questa brutta storia — anche perché in Italia una remissione di querela o una prescrizione non la si nega a nessuno — ribadisco, con o senza Black & Decker, un concetto: noi non siamo per l’etica elastica. Siamo per l’etica e basta. Siamo per la legalità, senza sconti per nessuno. L’Italietta del “così fan tutti” e delle indulgenze plenarie cara — come si vede — ad altri, non fa per noi.