Silenzio per Lampedusa

bare-a-LampedusaSilenzio che si fa rispetto per tutti i morti, quelli trovati in mare e quelli intrappolati nella barca andata a fondo; quando sembrava di avercela quasi fatta.

Silenzio che si fa vicino ai superstiti che hanno messo i piedi sulla terra desiderata ma pagata a caro prezzo in denaro, amici e famigliari perduti per sempre.

Silenzio che accompagna le mani dei soccorritori nel raccogliere per noi quei corpi stanchi ma vivi; ed altre mani che depongono in scatole di legno uomini, donne, ragazzi, bambini: uno dopo l’altro, tanti, troppi.

Silenzio che si fa domanda: perché tutto questo?

Silenzio che reclama di far tacere chi invoca il “se restavano a casa loro, non sarebbe successo” o “devono venire solo quelli che hanno già un lavoro” dimenticando il ‘dettaglio’ di guerra e fame, di una terra che scaccia e di una che non vuole accogliere.

Silenzio che fa vergognare di avere leggi che ricacciano nell’inferno chi prova ad uscirne, che li respinge come delinquenti quando sono ancora su un barcone al largo, prima ancora di conoscerne nome e provenienza.

Silenzio che punta il dito contro chi pensa di non doverne parlare per evitare “risultati elettorali da prefisso telefonico”.

Silenzio che chiede a ciascuno di noi di fare il possibile, anche qui e anche ora, perché le cose siano diverse. Perché la legge del mare chiede di soccorrere e la legge inscritta nel cuore degli uomini non chiede di meno.

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