Pregi e difetti della manovra “Salva Italia”

La manovra Monti ha diversi pregi e diversi difetti. Ma, se mai ve ne fosse bisogno, con l’ennesima chiamata al sacrificio dei soliti noti quali pensionati attuali, possibili pensionati futuri e contribuenti a reddito fisso, metto in mostra due aspetti.

Il primo riguarda l’incapacità strutturale del ceto governante, non da oggi, di vedere come nucleo di riferimento il nucleo familiare e non il singolo produttore di redditto. A questo Governo di tecnici da più parti additato come troppo cattolico, troppo centrista, troppo filo–Vaticano. Intendiamoci: non interessa qui distinguere tra famiglia “vera” e famiglie “di fatto” o combattere retro–battaglie simili. Interessa qui notare come il personale politico di una nazione che da decenni mette a parole la famiglia come pietra fondante della società e sfrutta, più o meno strumentalmente, la famiglia per creare barricate (ricordate la polemica sui DiCo o sulla procreazione assistita), quando deve elaborare un piano strutturato per guardare avanti, si dimentica di colpo del totem–famiglia e torna a considerare i cittadini come un insieme di singoli. Allora, cattolici compresi, ci si dovrebbe rendere conto di quanto questa incapacità mostri, più di una crociata, quanto il concetto di “famiglia” sia un concetto buono per la battaglia ma che nessuno pare di fatto avere tra i suoi modelli di riferimento complessivo. Piaccia o non piaccia.

L’altro, ancora più radicale, mostra il limite di un ethos dell’Italiano medio che pensa basti scimmiottare il potente di turno per essere come lui. Viene in mente Nietzsche, quando ricordava che nell’uomo più che la volontà di rivoluzione (intesa come ribellione all’ingiustizia) sia presente la volontà di rivalsa, intesa come desiderio egoistico di avere semplicemente qualcuno su cui comandare e scaricare le proprie frustrazioni. Per 20 anni l’Italia è stata attraversata da un humus che faceva pensare che chiunque poteva essere come il Berlusca solo perché adottava la stessa strafottenza o ammorbava i vicini con analoghe stupide battutacce. Ma da decenni con–viviamo con un ethos che fa trasforma l’evasore in “furbo” e che fa diventare il vicino che si è arricchito non si sa come come il modello da guardare con un po’ di invidia e — appena possibile — da imitare. Questa manovra, se mai ce ne fosse ancora il bisogno, ci conferma che il “furbo” è un ladro. Punto e basta. E ogni euro che lui non versa, è un euro che i soliti poveracci devono sborsare. Perché anche quell’euro serve. E allora, lamentiamoci pure della manovra Monti, dell’innalzamento dell’età pensionabile, della nuova ICI. Ma un secondo dopo indigniamoci con tutti coloro che conosciamo e che non versano le tasse che dovrebbero versare. Cosa succederebbe se tutti decidessimo di togliere il saluto a tutti coloro che conosciamo che sappiamo essere “furbi”, anche solo occasionalmente? Cosa succederebbe se decidessimo di non comprare più da chi non ci fa la ricevuta o lo scontrino? E chiaramente raccontassimo di ciò ad amici e parenti segnando a dito il “furbo”?

Troppo duro? No. Perché è la debolezza morale dei molti che favorisce il ladrocinio di pochi. E se l’evasione nel nostro Paese lo scorso anno è stata stimata in circa 370 milioni di euro (!!!), forse conviene chiedersi se la lotta di classe del prossimo decennio non debba essere non tra genitori e figli, o tra padroni e operai, o tra Italiani e stranieri, ma molto più drammaticamente, tra chi paga le tasse e chi le fa pagare agli altri.

1 thought on “Pregi e difetti della manovra “Salva Italia””

  1. Ciao Paolo, chiedo venia per la mia pignoleria, ma la differenza è sostanziale: 370 milioni è senza dubbio una cifra di grande rilievo, ma per uno Stato come l’Italia le cifre veramente importanti sono nell’ordine di grandezza dei miliardi di euro.
    Purtroppo anche l’evasione è tra queste: 370 MILIARDI di euro.
    Solo per correttezza verso gli evasori, non vorrei si sentissero sminuiti e quindi incentivati ad aumentare la loro attività illecita…

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