Il rifiuto del Sindaco e della sua Amministrazione di mantenere la cosiddetta “quota rosa” è inspiegabile con le armi della logica. Non si manda in soffitta il bene perché si predica il meglio, cioè l’attuazione del principio di parità. Allora si abbia il coraggio di realizzarla, e si faccia fifty fifty, metà e metà. Ma lo si scriva.
Dopo 17 anni di presenza nello Statuto comunale delle quote rosa, oggi abbiamo un Consiglio comunale in cui nei banchi della maggioranza (10 consiglieri), non siede una donna che è una. Come si fa a dire che devono essere le donne a scegliere le donne se nemmeno sono decentemente rappresentate nelle liste elettorali? Bisogna essere un dio per vincere una gara di corsa se nemmeno ti mettono ai blocchi di partenza: nella lista della Lega c’erano ben 2 donne, in quella del PdL 5! Questo a dimostrazione del fatto che di principi ci si può anche riempire la bocca, ma poi sono le condizioni oggettive quelle che contano. E le condizioni oggettive ci dicono che oggi la rappresentanza femminile va ancora difesa. Anche con le quote, finché serviranno.
Mi stupisco del no del Sindaco: la rappresentanza di 1/3 è una garanzia in più, non in meno. Perché negarla in nome di un principio astratto proprio nello Statuto comunale? I sindaci passano, ma lo Statuto è lo statuto della città. È stata una prova di forza esibita senza che ci sia un nemico. Perché le donne non sono un nemico.
Buonasera,
non sono un abituè del Consiglio Comunale, ma come cittadino di Treviglio penso che magari adesso si stia applicando la valutazione del merito, tanto implorata da tutti: e se non ci sono donne che meritano o valgono è un problema?
Cordiali saluti
Venga in Consiglio comunale più spesso.