Mostra: “Oltre i margini”

429_locandina_mostraIl carcere di massima sicurezza di Zomba in Malawi è stato costruito nel 1905 per accogliere un massimo di 200 prigionieri. Oggi sono presenti 2.300 persone che vivono in condizioni al limite della sopravvivenza. Purtroppo ciò non accade solo a Zomba, ma in tutte le prigioni del Malawi ed anche in tanti altri Stati del mondo.

Il carcere sembra essere una fabbrica di sofferenza, dove la parola diritto non esiste. La macchina della legge è inadeguata e profondamente ingiusta, infatti molti detenuti sono in attesa di giudizio da anni e non hanno speranza di potersi avvalere di un avvocato, dati i costi. Talvolta l’attesa dura molto di più del tempo della sentenza stessa.

Quelli che ne pagano le maggiori conseguenze sono i bambini, che devono stare con le loro mamme in quell’inferno perché, fuori, non sempre hanno una famiglia che può prendersi cura di loro. Nessun trattamento di favore per i piccoli. Come gli adulti, stesso cibo ogni giorno per tutto l’anno, polenta mescolata alla terra, condita con fagioli sconditi e al limite un po’ di foglie delle verdure dell’orto, mentre gli ortaggi buoni se li mangiano le guardie. Viene fornita una carne immangiabile solo due volte l’anno quando va bene.

I piccoli possono stare con la loro mamma fino al compimento dei cinque anni e poi, se la pena è maggiore o, addirittura, una sentenza a vita, vengono allontanati dalla mamma. A volte nascono direttamente in carcere e la loro visione della vita inizia dalle pareti di mattoni circondate dal filo spinato e tracce di cielo. Dormono ammassati in fetide camere, chiuse dalle 15:30 del pomeriggio fino alle 5:30 del mattino, senza bagno; devono utilizzare dei barattoli per i loro bisogni. I muri ed i materassi sono marci, infestati di scabbia e pidocchi. Di notte i topi camminano liberamente anche sui loro corpi attirati dal cibo che cercano di conservare in rudimentali contenitori, specialmente nella camerata dove stanno i bambini.

Il “bagno” esterno è in condizioni disumane. Anche un filo per stendere i panni diventa un lusso. Niente sapone, niente detersivo, niente di niente… solo stracci. La “cucina” è talmente intasata di fumo che non si riesce a respirare e tenere gli occhi aperti.

Talvolta la pazzia si insinua nelle menti delle persone più fragili e la cura più utilizzata sono le manette ai polsi e piedi. Nessuna pietà per chi soffre.

Le guardie, i peggiori parassiti, oltre a portar via ai detenuti tutto ciò che è possibile, si fanno servire e riverire, sonnecchiando su qualche materasso sottratto alle prigioniere. Talvolta ricorrono alla violenza fisica e le guardie di sesso maschile anche a biechi ricatti per ottenere prestazioni di altro genere.

Le anziane sono penalizzate perché ammalate e allo stremo delle forze. Manca quasi totalmente un’assistenza medica e non ci sono medicinali. La debilitazione fisica lascia i prigionieri esposti anche alle infezioni e malattie contagiose più semplici da curare. La situazione igienica è spaventosa. Molto diffuse sono tubercolosi, malaria, meningite, AIDS, scabbia e altre malattie della pelle, oltre ai forti dolori alla testa e all’addome a causa della malnutrizione.

È molto difficile mantenere una buona igiene del corpo in quanto manca il sapone. Dovrebbe esserne distribuito mensilmente dal Governo ma spesso, a causa di un sistema di corruzione e disonestà delle guardie, i prigionieri non hanno neppure quello. Nessuna speranza.

La noia e l’inedia sono le peggiori nemiche: uccidono, alienano, portano alla pazzia o depressione. È sempre tutto uguale, giorno dopo giorno. In carcere è facile esplodere, diventare improvvisamente violenti e poi, altrettanto velocemente, farsi sopraffare dall’abulia più totale, perdere il senso della propria identità.

Tutto ciò succede perché nessuno pensa ad un vero recupero e riabilitazione di queste persone. Hanno sbagliato, ma stanno pagando cari i loro errori. L’unica “riabilitazione” di cui si occupano i responsabili del carcere è di far pregare i prigionieri, riducendoli ad automi autocommiseranti senza dar la possibilità di rielaborare il proprio vissuto, nella maggior parte dei casi consumatosi drammaticamente.

Nonostante tutto hanno voglia di studiare e imparare. Il contatto diretto con loro, il fornire materiale pittorico, dando la possibilità di esprimersi, ha permesso loro di scoprire le proprie potenzialità, l’identità, o semplicemente il divertimento per un’attività mai svolta nella loro vita. Abbiamo colorato insieme, si sono raccontate, hanno ballato, cantato, recitato, giocato. L’arte è un mezzo che permette la comunicazione su differenti livelli e le protagoniste di questo laboratorio espressivo, oltre ad essere state gratificate, si sono ricordate di esistere.

In questo contesto è stata allestita una scuola materna per accogliere i piccoli «ospiti» delle carceri affinché possano «evadere» dalle mura e vivere almeno una parte di giornata normale, come tutti gli altri bambini. Infatti vengono accolti anche i figli delle guardie che, spesso, non sanno dove lasciare i loro piccoli. Una strana convivenza ai nostri occhi, ma assolutamente funzionale e costruttiva per tutti quanti.

Il nome di questo progetto è “Happy Island” per dare ai bambini un’isola felice dove giocare, imparare ed avere un’alimentazione corretta. L’asilo si chiama “Tikondane” che, in lingua chicewa, significa “Amiamoci”. Abbiamo fornito gli arredi, materiale didattico, formazione alle insegnanti.

Ora dobbiamo garantire continuità a questo progetto e cercare di aiutare queste donne, dando loro assistenza adeguata per garantire una vita più dignitosa.

Padre Piergiorgio Gamba, responsabile in loco del progetto e garante della realizzazione delle azioni previste, è chairman del “Prison Felloship Malawi” e come membro dell’Ispettorato delle Prigioni partecipa alla stesura del Rapporto annuale per il Parlamento.

Prison Felloship Malawi si pone come organizzazione della società civile e con le sue azioni intende dare una possibilità di crescita e giustizia sociale nelle carceri del Malawi.

Questa mostra non vuole solo raccontare la vita in carcere, ma è anche un messaggio di speranza affinché si comprenda come dalla sofferenza possa scaturire la voglia di vivere e di essere.

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L’inferno nelle carceri del Malawi

Oltre i margini

Vita ed espressione artistica tra le recluse nel carcere di massima sicurezza a Zomba

Mostra  a cura di Patrizia Lavaselli

dal 14 al 30 dicembre 2012

presso Sala Crociera del Centro Civico Culturale (via Bicetti, Treviglio)

inaugurazione: venerdì 14 dicembre 2012, ore 18:00

orario di apertura: da lunedì a domenica dalle 14:00 alle 18:00

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