Su «Il Popolo Cattolico» del 7 dicembre c’è un simpatico resoconto del raduno dei pensionati dell’industria chimica Baslini, una “azienda che ha avuto un ruolo storico importante in Treviglio”, commenta il redattore dell’articolo.
Ci sono le parole commosse dell’ex direttore generale, che ha ricordato agli ex dipendenti e ai loro familiari gli anni di lavoro comune, quel che di bello è stato fatto, lo spirito del fondatore Ernesto Baslini e del figlio dott. Antonio, cui è andato un caro ricordo. Comprensibile una punta di disappunto per quel che resta degli edifici ormai in rottamazione ma la consapevolezza di aver partecipato ad un grande sogno industriale e “l’auspicio di nobile e serena felicità per tutti i giorni che restano”.
Ma… un momento. Chi è questo redattore del Popolo Cattolico? Possibile che non sappia quel che di marcio c’è sotto gli edifici della Baslini? Niente del fatto che c’è addirittura un contenzioso tra l’acquirente e la proprietà Baslini che ha venduto l’area per una sottostima del materiale inquinante? Ma dove vive? E se lui non è del posto il direttore del giornale non poteva controllare?
È possibile che si usi tanta leggerezza nel descrivere una realtà che ha talmente inquinato il nostro sottosuolo che non basteranno decenni per pompare fuori le sostanze velenose per buttarle poi nelle nelle rogge circostanti, nella speranza che si diluiscano e attenuino il loro effetto?
Passi che coloro che, consapevolmente o inconsapevolmente, hanno inquinato ricordino gli anni trascorsi insieme in fabbrica ma non ne farei un’occasione per grandi discorsi. E, se proprio devo essere onesto, nemmeno farei una grande pubblicità su un giornale. Neppure sul Popolo Cattolico visto che il Creato è stato vilipeso più che salvaguardato. E sa di presa per i fondelli per tutti noi che pagheremo, chissà fino a quando, i costi della bonifica, posto che riesca.