Morde la crisi, aumenta la precarietà e saltano i posti di lavoro. Con questi saltano i redditi e la possibilità per le persone di pagare un affitto. Ne sono un segno gli sfratti, aumentati in questi anni. Casa e lavoro, le basi per una vita dignitosa, sempre più compromessi.
Cosa fa una comunità locale in questi casi, se non ha la forza di incidere in modo significativo sulle dinamiche generali per generare lavoro e produrre reddito? Cerca di far fruttare quello che ha sapientemente messo da parte negli anni buoni, con un comportamento da formica previdente, mettendolo a disposizione di chi è più fragile. Altrimenti non sarebbe una comunità ma un’isola di pirati.
E fortunatamente i Trevigliesi hanno un bel patrimonio di case comunali per far fronte alla crisi meglio di altre città, se paragoniamo la disponibilità al numero di abitanti: sono 416 appartamenti di proprietà comunale destinati a residenza “popolare” (ai quali si aggiungono le proprietà dell’ALER, di SECO e dell’associazione Casa Amica).
Un bel ammortizzatore sociale, laddove sembrano saltare gli ammortizzatori propri del mondo del lavoro. Un calmiere dei prezzi delle case dove, a fronte del numero consistente di alloggi invenduti (25.000 nella sola provincia di Bergamo), i prezzi non sembrano decrescere tanto da essere abbordabili per i livelli di reddito attuali.
In questo momento e per il futuro la decisione più sbagliata sarebbe ridurre la disponibilità di alloggi a prezzo contenuto. Guarda caso esattamente quanto fatto nell’ultimo anno dalla Giunta Pezzoni:
- vendute le case comunali di via XX Settembre, 11 appartamenti per 672.000 Euro ad un’impresa privata;
- in vendita le case comunali di via Redipuglia, 22 appartamenti per 668.000 Euro.
Insieme fanno 33 appartamenti in meno.
Non è sufficiente dire che si vendono alcuni appartamenti per ristrutturarne altri. Bastava non disfare piazza Paolo VI o fare uno sconto meno consistente per il terreno venduto alla scuola ciellina e ne avevamo già diversi di appartamenti ristrutturati. Sono scelte politiche.
I leghisti più ortodossi non pensino che si fa bene a vendere gli appartamenti comunali che “tanto ci sono dentro solo gli extracomunitari”. Dopo le dichiarazioni dell’assessore Prandina, scorrette nei numeri e ancor più politicamente, i dati ufficiali del Comune parlano di una presenza di stranieri nelle case Comunali e ALER pari al 15%.
Nessuna smentita né scuse dall’Assessore che all’Eco di Bergamo del 5 dicembre 2013 aveva dichiarato: «La maggior parte degli alloggi è attualmente assegnata a cittadini immigrati: per la precisione il rapporto, nella nostra città, è di un appartamento a famiglia italiana contro 12 a famiglie straniere». Ma le bugie hanno le gambe corte e la verità è venuta a galla.
Viste le proporzioni reali, 33 appartamenti comunali in meno significano: 28 case in meno per gli Italiani e 5 case in meno per gli stranieri.
Chiari i numeri, ragazzi?
Allora è perfettamente inutile dare con la mano sinistra degli incentivi fiscali ai proprietari che concedono in affitto un immobile a canone concordato, se con la mano destra si sfilano dalle disponibilità del Comune case per decine di famiglie.
Vi sembrano azioni compatibili tra loro?