Si racconta che nella zona tra Napoli e Caserta, quando si mossero le prime proteste generate dall’aumento dei morti per tumore, i capiclan dissero: “Che ce ne frega se si inquina la falda acquifera, noi beviamo acqua minerale”.
Seduti su una bomba da loro stessi innescata con il traffico dei rifiuti industriali, non pensavano che al loro stretto tornaconto personale. Con spregio verso le persone, con violenza inaudita verso la terra che loro stessi abitavano.
Mi torna in mente la famosa frase dell’acqua minerale quando mi capita di fare mente locale a quanto ci sta succedendo e succederà attorno, tutto in poche decine di chilometri quadrati, quelli dove noi abitiamo. Ci ritorno, mio malgrado, quando sento personaggi locali programmare opere fantasmagoriche con impatti occupazionali sensazionali, senza porsi il ben che minimo problema sulle conseguenze.
Vogliamo ricordarci tutti insieme che siamo un popolo inquinato e che questo ha un impatto sulla salute delle persone e sulle attività agricole? Quante ne abbiamo viste nel passato di fregature colossali…
Prendiamo la Baslini a sud della città: qualcuno riesce a stimare il grado di inquinamento procurato e bilanciarlo con l’occupazione ora dissolta?
Qualcuno si ricorda della Farchemia e dei problemi nell’area a nord, verso Castel Rozzone, di poche decine di anni fa?
E quanta occupazione hanno portato quelle aziende che hanno creato il problema del cromo esavalente in tutta la Bassa bergamasca?
E quanta ne porterà la discarica di amianto a due passi dalla stazione Centrale? Qualcuno si vuole lanciare in un pragmatico confronto tra costi e benefici.
E quanta occupazione ha portato al nostro territorio la BreBeMi e quali benefici per i cittadini dei paesi che attraversa, se si esclude la riduzione a 30 minuti del tempo per andare a Linate che alcuni di noi possono vantare? Ha avuto senso sventrare la campagna da est a ovest, quando forse sarebbe bastato riqualificare la Rivoltana come fatto verso Milano?
Basterebbe questo per indicarci prudenza nei nostri progetti, soprattutto ora che si avvicinano le elezioni amministrative. Ma gli uomini sembrano odiare la propria terra.
Ettore Pirovano a Caravaggio sembra legare il proprio destino a quello dell’interporto. Più di 1 milione di metri quadrati di campagna (dei quali 800 mila nel territorio di Caravaggio ed il resto in quello di Treviglio) destinati a capannoni, quando c’è già un’area urbanizzata e semideserta a Cortenuova, giusto due passi più in là.
3.500 posti di lavoro dicono, qualcuno azzarda 5.000 o 10.000. Ma in che film? È risaputo che questo genere di attività occupa spazi enormi ma porta poca occupazione.
E cosa dire di chi a Treviglio ha sempre una strada nuova da proporre? Non sono ancora sulla carta la tangenziale Ovest e la tangenziale Sud e già si pensa alla Est. Era rimasto l’ultimo punto cardinale sprovvisto di una bella bretella bituminosa.
Quanta altra campagna facciamo fuori?
Ah già… dimenticavo: “Che ce ne frega della campagna, noi abitiamo in città”.
Prendiamola da un verso diverso.
Usiamo il nostro territorio per creare occupazione, senza che questa chieda la distruzione del territorio.
Assumiamo buoni i dati che riporta la stampa: servono 15 milioni di Euro per la tangenziale Est.
Mettiamo invece le basi di un progetto capace di accedere anche a fondi europei. Per una cifra di 15 milioni di Euro siamo in grado di pensare ad una sorta di “chilometro rosso” centrato sulle peculiarità locali, che dia lavoro stabile qui e non un cantiere dove lavorano altri, che spariscono ad opera consegnata e campagna distrutta? Io credo di sì. L’agricoltura potrebbe essere una buona idea sulla quale investire. Non mancano gli esperti e neppure le industrie del settore.
Ci si riempie la bocca con slogan tipo “Treviglio, capitale della Bassa”, ma resta solo un povero titolo se le idee non sono sul tavolo. Avete mai visto una capitale che come unico compito ha quello di fare strade per far passare altri?