Via Oberdan: le terrazze e i commi

È stata pubblicata la delibera relativa al Piano Attuativo “Le terrazze” di via Oberdan, nell’area dove sorgono gli ex capannoni dei coloniali Cavagna.
Perché ha attirato la nostra attenzione?
Perché è un esempio di come la politica dell’eliminare lacci e lacciuoli per sostenere (giustamente) una maggiore libertà di iniziativa, privata o pubblica che sia, non è un nuovo dogma o un bene in sé, ma va calibrata nei suoi effetti. Ed è un esempio di come le regole, se regole ci sono, vanno osservate, ma vanno osservate tutte, in tutti i commi.

Il progetto edilizio lo si può vedere quando si vuole, perché è pubblicizzato nel corridoio che dal parcheggio interrato Coop porta alle rampe mobili. Un progetto di pregio, senza dubbio. La proprietà ce ne sarà grata per la pubblicità indiretta. Ma ci interessa per altro.

Quello che non si vede lì è l’impatto paesistico dell’edificio.

La nuova costruzione (16 appartamenti su 5 piani per una altezza di 15 metri e mezzo) sorgerà infatti tra ville e villette, anche case d’epoca, abitazioni che al massimo arrivano a due piani per un’altezza media di poco più di 8 mt.

Possibile? Possibile.
Il Piano Attuativo recupera legittimamente tutta la volumetria a disposizione, demolisce e costruisce il nuovo edificio. Ma c’è un ma.
“Le tipologie edilizie derivanti da una eventuale sostituzione edilizia (= demolizione e costruzione di un altro edificio) dovranno (comma 2.2 dell’art. 28 del Piano delle Regole) aderire a quelle riscontrabili ai margini dell’area di intervento in una logica di ricucitura del tessuto”. In altre parole, dice il comma, l’intervento dovrà essere coerente con l’intorno. È questo il caso? Nessuno si è ricordato del comma?

Possibile? Possibile.
Un Piano attuativo, se è giudicato “conforme al PGT”, non passa dalla Commissione paesaggio né dal Consiglio comunale (quando è operante ovviamente), come è stato per tutti i Piani attuativi passati sotto la Giunta Pezzoni. Foro Boario è un altro esempio.
Così la pratica si velocizza, ma nessuno ne sa niente o ci può ragionare sopra a parte il tecnico comunale incaricato, i proponenti e, quando c’era, la Giunta.
Magari va bene così, magari no.

Ne vedremo l’esito: questioni del genere comportano infatti la presentazione di osservazioni e spesso fanno scattare l’ennesimo ricorso al TAR.  Tempo e soldi che potrebbero essere risparmiati se si uscisse dalla teologia dell’eliminazione tout court di “lacci e lacciuoli” quando un laccettino magari potrebbe evitare problemi.

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