La mafie nel piatto

796_imageSentirsi raccontare che anche nella nostra provincia ogni tre ristoranti o pizzerie, uno ricicla soldi di provenienza dubbia. O che in Lombardia sono già stati sequestrati 50 terreni agricoli e fabbricati rurali in 29 Comuni. O che si stima che nell’operoso Nord Italia il 30% del lavoro agricolo è lavoro nero… Questi sono alcuni dei dati che tutti dovrebbero conoscere e che sono stati raccontati nell’incontro dal titolo “Le mani delle mafie… sull’alimentazione” lo scorso 14 novembre all’Auditorium del Centro Civico, organizzato dal Presidio di Libera della Bassa Bergamasca in collaborazione con Slow Food.

Quasi 2 ore di intenso racconto e risposte al folto pubblico presente in cui Anna Baratti, del Presidio di Libera, e Lorenzo Berlendis, vicepresidente nazionale di Slow Food, hanno raccontato e documentato la presenza delle mafie in tutto il ciclo del cibo. Dalla acquisizione dei terreni, alla coltivazione, alle infiltrazioni nella filiera distributiva fin anche alla commercializzazione di ciò che poi magari finisce nel piatto di ciascuno di noi.

Riteniamo che nulla di meglio possiamo fare che mettere a disposizione il materiale distribuito quella sera cosi come è. Nudo e crudo. Se non fosse un tema drammatico, urgente e del tutto sottostimato, potremmo chiudere qui con un bel “meditate gente, meditate”.  Ma non basta, bisogna che si faccia molto, molto di più. Ad esempio? Accorciare la filiera, comprare da chi produce o comunque comprare in circuti dove il rapporto tra produttore e il consumatore è il pù corto possibile. E comprare favorendo e valorizzando la bio–diversità, il cibo del luogo, il cibo che “parla” (anche nelle etichette) di chi lo produce e di come lo produce. E tanto per non sbagliare, cominciare tutti a cercare anche i prodotti con il marchio “Libera” per dare un piccolo, ma importante contributo, a chi produce cibo buono e pulito proprio a partire dai terreni alla mafia sottratti.

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