La solita storia: i magheggi sul referendum del 17 aprile

C’è un referendum in cerca di milioni di SI, che probabilmente avrà.
È quello che vuole impedire le trivellazioni petrolifere nei nostri mari, a partire dall’Adriatico che è il più a rischio. Lo sostengono Regioni, Greenpeace, ambientalisti, associazioni, comitati di cittadini.
Si svolgerà il 17 aprile prossimo. Due mesi prima delle amministrative.
Perché?

Dario Franceschini, attuale ministro dei Beni culturali, nel 2011 in qualità di capogruppo PD di allora denunciò il tentativo del governo Berlusconi di sabotare il referendum su nucleare, acqua e legittimo impedimento facendo svolgere il referendum in data diversa da quella delle elezioni amministrative. L’obiettivo era il solito: far mancare il quorum (50 % più uno degli aventi diritto al voto)che valida i risultati del referendum.
Dichiarò che non fare l’election day significava buttare dalla finestra 300 milioni di euro, unicamente per impedire che il referendum raggiungesse il quorum” e che quindi per impedire la vittoria del SI.
Lo potete sentire direttamente su youtube.
Stesse dichiarazioni da parte di Ettore Rosato, attuale capogruppo alla Camera, nel 2009 quando il no all’election day venne dalla Lega con lo scopo di far mancare il quorum al referendum contro il Porcellum di Calderoli.
A Bossi andò bene. A Berlusconi andò buca comunque. Speriamo che vada buca anche al governo in carica che ha fatto la stessa cosa con lo stesso scopo: invalidare il referendum visto che soccomberebbe per la probabile vittoria dei SI.

Cinque anni dopo, i soldi buttati non sono più 300 milioni ma, dicono, 360 milioni di euro.
Tanto perché lo sappiate, a Treviglio il referendum del 12-13 giugno 2011 (dato tratto dal bilancio comunale) è costato 77.918 euro. Poi rimborsati dallo Stato.

Due conclusioni. Una: sono soldi buttati, in un momento in cui lo spreco è ancor di più vergognoso. Non perché sia da buttare lo strumento referendum, ma perché si sarebbe potuto svolgere con la minor spesa possibile accorpandolo ad altre elezioni già indette.
Due: bisogna convincere ogni governo che il referendum consultivo è una prassi della democrazia e, una volta che i quesiti hanno passato il vaglio della Corte costituzionale, va difeso e non ostacolato coi magheggi della politica.

Queste cose accadono solo in Italia.
E poi dicono che uno si butta a sinistra.
La battuta è di Totò, ma funziona ancora.

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