Pasticci & guai sull’ex UPIM

La Giunta Pezzoni continua a pasticciare il progetto ex Upim. E dai pasticci rischiano di arrivare un bel po’ di guai.

Cominciamo dalle generali. Lo abbiamo detto e ridetto: avendo cambiato le fonti di finanziamento dell’opera, l’Amministrazione Pezzoni ha bisogno di fare cassa. Secondo il Sindaco, il Comune di Treviglio, nonostante il suo consistente patrimonio, non avrebbe 4.000.000 di Euro circa per coprire i costi dell’opera. Così toglie ai Trevigliesi un centro civico pubblico, luogo d’incontro e di aggregazione per il benessere collettivo della comunità, e fa del cuore della città un tempio del consumismo, fingendo di non sapere che queste strutture si stanno svuotando in periferia e che a Treviglio sono a tutt’oggi vuoti tanti e tanti spazi ad uso commerciale. Pezzoni infatti non ha alcuna intenzione di risarcire i cittadini di Treviglio dello spazio tolto loro indebitamente con l’abbattimento del Teatro Comunale. Vuole consegnare la quasi totalità degli spazi dell’ex edificio Upim al mercato privato per attività prevalentemente commerciali.

In concreto, cosa sta facendo? Con quali costi e benefici? Sarebbe bello che, come ai Trevigliesi è stato presentato il progetto originale, ora stravolto, l’Amministrazione comunale presentasse pubblicamente il nuovo progetto d’uso degli spazi interni. I disegni, i tempi di realizzazione, l’incidenza sulla portata generale dei costi. Non basta una delibera pubblicata all’albo pretorio on line per garantire l’informazione puntuale su una questione che è stata per decenni al centro del dibattito cittadino. Ma siccome questo non lo si fa, ci siamo presi la briga di presentare al Consiglio comunale una mozione puntigliosa e puntuale, così che sia acclarata ogni cosa. Questi i punti principali su cui si aggregano le nostre osservazioni.

Con la delibera di Giunta n. 132 del 19 ottobre, Pezzoni (Sindaco) e Mangano (Assessore ai Lavori pubblici) danno il via ad una variante che aumenterà la spesa di 800.000 Euro. Sulla base di una relazione tecnica descrittiva di mezza pagina. Non c’è però nessuna bozza di progetto. Fondamentale, perché non si tratta di un “aggiustamento” della distribuzione degli spazi interni, ma di uno stravolgimento di questa distribuzione. Se diciamo che la Giunta Pezzoni snatura il progetto originario è proprio perché gli cambia natura e funzioni preminenti. Non si sa quindi se la variante è legittima: quando si cambia troppo, non è una variante ma un nuovo progetto. Nemmeno esiste certezza — senza progetto specifico che riguarda tutti gli ambiti connessi (strutture, impianti, ecc.) — di poter contenere l’aumento della spesa entro il 20% (così come concesso dalla legge) dell’importo originario del contratto già stipulato con la associazione di imprese aggiudicataria dell’appalto. Senza queste due condizioni la legge dice che si va alla risoluzione del contratto, con pesanti risarcimenti al soggetto aggiudicatario, e all’indizione di un’altra gara ad evidenza pubblica. In concreto: altri soldi in uscita e tempi più lunghi. Non è uno scenario inverosimile, ma possibile. Non è credibile infatti che lo stravolgimento funzionale, strutturale ed architettonico che la cosiddetta variante introduce possa costare solo 800.000 Euro. Il rischio paventato è obiettivo. Perché?

La Giunta dice che realizzerà nell’interrato (piano -1), al posto del previsto spazio polivalente culturale (emeroteca, videoteca, internet point, biblioteca a scaffale aperto e una sala da 99 posti) un auditorium di 320–340 posti, utilizzando anche il piano interrato -2 a scapito dei locali tecnici. Con quali impianti per la sicurezza? Con quali vie di fuga e percorsi antincendio? Non sono bazzecole. Da una sala da 99 posti a una sala che ne contiene più di 3 volte tanto i costi schizzano in alto. Non solo. Quella che era predisposta per essere una piazza superiore coperta, una giardino d’inverno accessibile a tutti, giovani, anziani, mamme e bambini, un grande spazio vuoto all’infuori di tre piccole strutture, ora diventerebbe un unico spazio pieno destinato a funzioni di ristorazione. Tanto battage sui giornali sul cannocchiale (il percorso visivo) che dà la vista sul Santuario, e adesso per avere il cannocchiale sul Santuario i Trevigliesi devono per forza andare al ristorante?

A parte questa “privatizzazione del bello”, non si possono fare queste varianti senza intervenire sulle strutture, sui cementi armati, sulle uscite di sicurezza e, di nuovo, sulle vie di fuga e sui i percorsi antincendio. Senza cioè dare avvio ad una nuova e costosa progettazione architettonica, strutturale ed impiantistica dell’edificio, riprogettazione che comporterà l’acquisizione di nuovi pareri dei Vigili del Fuoco, dell’ASL, della Soprintendenza preposta alla tutela dei luoghi, esponendo il centro di Treviglio al rischio di rimanere in balia di lavori in corso per tempi molto lunghi.

A che prezzo? 800.000 Euro in più (ma i conti veri si vedono sempre alla fine) per avere un edificio sottratto all’uso pubblico e un’altra cattedrale del consumo come se non ce ne fossero già abbastanza. E spesso, pure vuote. È credibile? Noi abbiamo qualche dubbio. Credo che la nostra mozione contribuirà a fare chiarezza e a dare alla città le informazioni dovute.

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