In una recente intervista l’Assessore ai servizi sociali Prandina chiedeva a gran voce ai Comuni che fanno riferimento a “Risorsa sociale”, la società che svolge alcuni servizi sociali per conto dei 18 Comuni della pianura bergamasca occidentale, un contributo alle spese dell’affitto della sede sociale (attualmente collocata in via Dalmazia a Treviglio). Compartecipare non è reato, la spesa può anche essere ripartita da chi usufruisce dei servizi, cioè i Comuni che fanno parte del consorzio “Risorsa sociale”. È anche vero che dei € 20.000 l’anno dell’affitto si potrebbe richiedere la compartecipazione della metà, come è stato fatto per la sede del Giudice di pace, tanto per essere coerenti. Le risposte dei Comuni non sono state proprio concilianti, specialmente quelle dei Comuni più piccoli che, nella maggior parte dei casi, hanno rifiutato di versare una quota di compartecipazione.
Questo sta avvenendo per una serie di motivi, fra cui quanto è successo con il rinnovo del contratto di servizio tra Comune di Treviglio e “Risorsa sociale”. Invece dei tre anni previsti dal Piano di zona 2012–2014, il Comune di Treviglio ha deciso di rinnovare per il solo 2012. Rinnovare il contratto di servizio per un solo anno vuol dire non permettere a “Risorsa sociale” di programmare i propri interventi sociali con la sicurezza di avere tutti i Comuni al proprio fianco per almeno tre anni consecutivi.
Altra questione sono le voci sempre più insistenti della volontà da parte dei Comuni più grandi, fra cui Caravaggio e Treviglio, di voler ridurre l’importanza di “Risorsa sociale” che, a fronte dei tagli (circa il 70%) della Regione e dello Stato al Fondo nazionale delle politiche sociali ed al Fondo delle non autosufficienze (taglio del 100%), è costretta a richiedere con sempre maggiore insistenza la compartecipazione finanziaria ai Comuni associati per poter svolgere i servizi sociali affidati dai Comuni stessi.
Pensare che “Risorsa sociale” non sia una società strategica per i servizi sociali di zona, come pensano i Comuni più grandi, secondo il mio parere, è un’azione assolutamente incomprensibile (anche a fronte di quanto stabilito dalla legge quadro dei servizi sociali, legge 328/2000, che afferma il principio di un sistema integrato di interventi e servizi sociali con carattere di universalità, garantendo i livelli essenziali assistenza negli ambiti territoriali).
L’ultima novità della richiesta di spostamento di risorse finanziarie dai servizi per i minori ai servizi per gli anziani, sollecitato dai Comuni piccoli, rischia di diventare un ulteriore appiglio per una “guerra tra Comuni piccoli e grandi”. I Comuni grandi, infatti, che adottano politiche per gli anziani in autonomia, si oppongono a questa decisione per paura di perdere risorse finanziarie. Una guerra che non promette niente di buono tenendo conto che, molto probabilmente, se non ci sarà solidarietà fra Comuni, vincerà chi ha più forza contrattuale e più risorse per proseguire la strada impervia delle politiche sociali in modo autonomo, cioè i Comuni più grandi.
Alla fine chi ne fa le spese sono sempre i cittadini già travolti dalla crisi ed ora dalla poca solidarietà della politica di chi pensa, perché più grande, di poter fare da solo contro lo spirito della legge quadro dei servizi sociali.
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“Risorsa sociale Gera d’Adda” è l’azienda consortile nata dalla volontà di 18 Comuni per migliorare la qualità dell’offerta dei servizi sociali e fornisce: assistenti sociali ai Comuni; il servizio tutela minorile; inserimento lavorativo per soggetti svantaggiati; assistenza domiciliare minori; assistenza domiciliare disabili; ricoveri sollievo in casa di riposo; assistenza domiciliare anziani; buoni sociali per affidi, per adulti in difficoltà, per disabili, per anziani; mediazione culturale; politiche giovanili e servizi extra scuola, ecc.