I ragazzi di Via Casnida

Ormai da quasi un anno a Treviglio sono ospitati 22 giovani richiedenti asilo. Alloggiano presso la struttura di via Casnida di proprietà della Fondazione Portaluppi, che mette a disposizione i locali. La gestione è affidata alla cooperativa Ruah di Bergamo. Precisamente diciassette sono alloggiati in via Casnida, altri cinque in un appartamento alla Geromina. Nel corso di questi mesi tre ospiti hanno lasciato la struttura per raggiungere parenti e conoscenti in altri paesi europei.

Sono tutti africani, molti di religione islamica, alcuni cristiani, di scolarità e lingua differenti. Comunque  anglofoni o francofoni.

Durante questi mesi, come ne abbiamo scritto in passato, oltre a frequentare una scuola di italiano, hanno partecipato a vari momenti di volontariato con alcune associazioni trevigliesi; sono intervenuti presso alcune scuole ed in alcuni momenti forti della nostra città (la marcia della pace di inizio anno) per raccontare la loro esperienza. Durante questa attesa le loro procedure amministrative sono andate avanti e ormai quasi tutti hanno avuto una prima risposta in merito alla loro domanda di richiesta d’asilo. A tre persone è stato concesso lo status di rifugiato per cinque anni, a due persone un permesso di tipo umanitario per due anni. Sostanzialmente in base al paese di provenienza ed alle storie personali. A molti è arrivato un primo diniego dalla commissione territoriale di Brescia che deve valutare ogni singola storia personale. Di fronte alla decisone negativa, il richiedente asilo può fare ricorso presso il tribunale di Brescia e qualora avesse una seconda risposta negativa, può ricorrere all’appello ed eventualmente alla Cassazione. Per la legge italiana Il diniego finale allo status di rifugiato, arriva dopo i tre gradi di giudizio, di conseguenza la persona è obbligata a lasciare la struttura di accoglienza e il territorio nazionale.

Tra le persone che hanno ottenuto lo status, un giovane sta facendo uno tirocinio lavorativo presso una cooperativa agricola della zona ed è ospite presso una comunità religiosa trevigliese. Un altro è stato assunto presso un’azienda di ristorazione della nostra città.

Perché se per un migrante il primo scoglio è arrivare in un paese europeo (il viaggio), il secondo è quello di ottenere il permesso (lo status di rifugiato), il terzo è, non meno difficile degli altri due, una volta ottenuta una forma di protezione, trovare un lavoro ed una casa per continuare il percorso di integrazione nel nostro paese.

Questo moltiplicato per tutte le persone richiedenti asilo.

In tutti questi mesi una ventina di volontari tra i 20 e i 50 anni, ha costantemente incontrato i ragazzi. Un paio di sere a settimana, andando nella struttura d’accoglienza a fare conversazione in lingua italiana per migliorare le conoscenze linguistiche dei ragazzi, questo perché si è consapevoli che il miglior viatico per l’integrazione in un paese è possedere la padronanza della lingua. Ma non solo lingua italiana, anche sostegno, per quel che è possibile, morale e famigliare facendo percepire la nostra vicinanza.

Come vedete il lavoro è tanto; di fronte ad un avvenimento epocale e internazionale come questa migrazione, anche a livello locale dobbiamo fare la nostra parte, attraverso l’impegno e la disponibilità di chi ne ha la possibilità. Nel suo elemento di base: la conoscenza di queste persone, la relazione con loro, per l’inizio della loro integrazione.

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